La necessita’ di guardare negli occhi di un’anziana signora

Non potrebbe essere diversamente: tutte le arti riflettono il proprio tempo. Così la gran parte della fotografia contemporanea vive nell’immenso vuoto che abita la nostra società. Il vuoto generato dalla morte dell’altro. Vale a dire dalla perdita del valore del prossimo: del vicino considerato come assolutamente simile e fondamentale. L’altro sembra ormai condannato ad essere soltanto un mezzo. Nella visione merceologica del nostro tempo, chiunque dal quale non si può prendere qualcosa non vale nulla. È già morto. Più morti di tutti sono gli anziani e i sofferenti: gli handicappati, i malati, i poveri che non hanno il dono della gioventù e della bellezza. Il più grande mito del nostro tempo è quello della giovinezza, o meglio della giovinezza vissuta come ostentazione e, al tempo stesso, come noncuranza del resto. In ciò c’è un’idea dell’essere giovani assolutamente diversa da quella che ebbero i popoli dell’antichità e delle culture da poco tramontate. In essa c’è la totale rimozione del fatto che l’anzianità è, per natura, un punto obbligato, e del fatto altrettanto inequivocabile che nella mente di ogni anziano c’è la propria giovinezza che fa tutti i giorni i conti con l’inevitabilità della scomparsa.

Dei molti lavori fotografici che ho visto negli ultimi tempi, questo di Linda de’ Nobili mi sembra uno dei pochi che si collocano fuori dal grande vuoto quotidiano e lontano dalla morte ammantata di giovinezza. In esso, c’è la grazia e la dolcezza di una donna che, fra ricordi del tempo perduto e le esperienze condivise con altre della sua età, sogna il teatro. Vive nella teatralità della vita il piacere di essere qui e ora  umanità che respira, che parla e guarda negli occhi di chi ha occhi per vedere.

Diego Mormorio, 2008