La vita scorre sul Fiume

Varanasi o Benares, la città più sacra dell’Induismo rappresenta l’essenza stessa dell’India. Era Kashi, al tempo dei Veda; divenne poi Varanasi, dal fiume Varuna che scorre a Nord e dall’Assi che scorre a Sud, per essere poi deformata in Benares dagli Inglesi che non sapevano pronunciarne correttamente il nome. Oggi è nuovamente Varanasi e sebbene non sia rimasto nulla dell’antico splendore essa continua ad offrire la straordinaria opportunità di vedere, respirare e vivere riti millenari ed immutabili lungo i Ghats, le famose gradinate che scendono al fiume dove gli edifici e i vicoli oscuri, Galis, del quartiere antico, si accatastano disordinati, tutti rigorosamente sulla riva occidentale del Gange e dove la vita e la morte si intrecciano ad ogni passo.

Un milione di pellegrini visita Varanasi ogni anno. Si crede che chiunque muoia nel territorio oggi compreso all’interno della Panch Koshi Road, una strada a Nord del fiume Varuna, passi direttamente al regno dei cieli, liberandosi dal ciclo delle rinascite. Il pellegrinaggio ortodosso prevede un lungo cammino che percorre prima la riva del Gange partendo dal Manikarnika Ghats-tra i più importanti per le cremazioni -fino al Assi Ghats, per poi compiere un ampio semicerchio intorno alla città, in totale 58 Km, per ritornare infine al Gange. Generalmente si impiegano sei giorni per compiere tutto il percorso.

Il Buddha visitò la città verso il 500 a.C. quando già era un celebre centro culturale e commerciale e nelle sue vicinanze, a Sarnath, tenne il suo primo discorso.

Nel 1033 Varanasi venne conquistata da Mahmud di Ghazni che la rase al suolo una prima volta. Nel 1194 fu saccheggiata nuovamente dalle armate dei Ghuridi, fino ad arrivare al dominio di Ala-ud-din Khilji di Delhi che ne distrusse i templi superstiti per sostituirli, agli inizi del XIV secolo, con uno svariato numero di moschee. L’influenza islamica rimase fortissima fino al XVIII secolo quando il nome della città venne, per un breve periodo, addirittura cambiato in Mohammadabad. Non esistono oggi a Varanasi edifici che risalgano a prima del  XVII secolo e la maggior parte di essi appartiene, in realtà, ad epoche ancora più recenti.

Tra i numerosissimi Ghatsl’Assi Ghat, situato nel punto dove il fiume Assi confluisce nel Gange è considerato uno dei più sacri: è, infatti, uno dei 5 siti dove i pellegrini dovrebbero bagnarsi nel corso della medesima giornata per rendere efficaci le loro preghiere. L’immersione non è casuale ma deve seguire un preciso ordine: Assi, Dashashwamedha, Barnasangam, Panchaganga e infine Manikarnika.

Dalle prime luci dell’alba fino al tramonto, lungo le gradinate dei Ghaths la vita scorre lenta, un  rassegnato e pacato fluire di vita e di morte dove non esiste separazione. Tutta la vita sembra iniziare e concludersi lungo il fiume.

All’alba, in una atmosfera quasi surreale i Ghats cominciano ad animarsi. Centinaia di imbarcazioni portano gli abitanti e i pellegrini da un Ghat all’altro in un incessante andirivieni. Stormi di gabbiani volano tutt’intorno come a sospingerle delicatamente sull’acqua. Nella nebbia che il sole non riesce ancora a penetrare e nel freddo pungente del mattino ombre indistinte si muovono con fare sonnolento e intorpidito. Quando il sole comincia ad irradiare il proprio calore ogni cosa inizia a prende forma, tutto si delinea con chiarezza e i colori tornano a brillare nella loro splendida vivacità. I movimenti si fanno decisi. Ognuno sa dove andare e cosa fare.

Lungo le gradinate dei Ghats principali, sotto grandi parasole, sacerdoti, astrologi e indovini impartono mantra e responsi ai credenti che li interpellano, officiano riti e intercedeno con le divinità per garantire loro la salvezza. Centinaia di Sadhu meditano, praticano yoga

o semplicemente trascorrono lungo il fiume la loro vita ascetica. Intere gradinate coperte di panni stesi al sole ad asciugare formano onde colorate gonfiate dal vento. Tutta la vita qui, su queste gradinate. Chi lavora, chi si riposa, chi prega, chi mangia, chi si lava chi si immerge per devozione, chi come le vedove scontano la loro condizione avversa dedicando la propria vita alla preghiera in cambio di cibo e ricovero. Ognuno al suo posto, vive la propria semplice esistenza.

A poco a poco le ombre cominciano ad allungarsi creando con il sole dei controluce spettacolari. I corpi tornano nell’ombra e tutt’intorno si diffonde un’atmosfera dai colori e dai toni più soffici, più caldi. Sembra di essere in un dipinto. Pian piano la vita comincia a scemare, i Ghats si spogliano di voci e colori. Silenzio. Pace Non c’è più nessuno solo il placido fluire del fiume e la voce dei gabbiani. Solo in lontananza, qualche bagliore. E’ il fuoco delle pire che arde. La vita semplicemente se n’è andata.